L'art. 103 del D.L. n. 18/2020 (c.d. decreto Cura Italia) ha introdotto una sospensione di tutti i termini dei procedimenti amministrativi. In base alla norma in questione, "ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi su istanza di parte o d'ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020". Sulla portata applicativa di tale norme di è espresso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che con una circolare ha chiarito che debba ritenersi applicabile anche alle procedure di gara, i cui termini di presentazione delle offerte (come anche di tutti i subprocedimenti quali soccorso istruttorio, anomalia, comprova, etc.) dovrebbero essere sospesi dal 23.2.2020 per riprendere il loro residuo decorso dal 15.4.2020. Nella circolare non si manca tuttavia di precisare che, essendo la sospensione disposta nell’interesse del soggetto onerato dell’osservanza del termine, non vi sarebbero impedimenti alla prosecuzione delle attività, compatibilmente con le esigenze di contenimento dei contagi. Per tale ragione il Ministro conclude invitando gli uffici a valutare "l’opportunità di rispettare, anche in pendenza della disposta sospensione e limitatamente alle attività di esclusiva pertinenza dell’amministrazione aggiudicatrice, i termini endoprocedimentali, finali ed esecutivi originariamente previsti, nei limiti in cui ciò, al pari delle altre iniziative di carattere organizzativo ed amministrativo, sia compatibile con le misure di contenimento della diffusione del COVID-19”. Laddove vi fossero dubbi sulle modalità di applicazione della norma da parte delle stazioni appaltanti è quindi consigliabile l'inoltro di una richiesta di chiarimento. Di seguito il testo integrale della Circolare. #FocusAppalti studio@avvocatodagostino.com
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Il commento dell'Avv. Antonio D'Agostino su Appalti per le Imprese (www.appaltiecontratti.it)
Nel precedente in rassegna il concorrente di una procedura ristretta ex art. 61 del Codice è stato escluso dal confronto concorrenziale per aver inviato, nel plico relativo alla documentazione di gara, un supporto informatico (CD-recordable) vuoto, omettendo di trasmettere dunque il DGUE in formato elettronico (su cd o chiavetta usb) come richiesto dal disciplinare di gara. Il TAR Umbria rigettava il ricorso in primo grado con la sentenza n. 190 dell’8.4.2019, ritenendo tale mancanza essenziale ai sensi dell’art. 83, comma 9, D. Lgs. n. 50/2016. Il Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, conferma la decisione di prime cure del TAR sulla scorta delle seguenti considerazioni. Afferma in particolare il Supremo Consesso che il Dgue in formato elettronico su supporto informatico costituiva l’unico documento richiesto dal bando ai fini della prequalifica, non essendo prevista né richiesta la produzione di domande ovvero di altre dichiarazioni. Per tale ragione la mancanza era rilevante e tale da comportare l’integrale assenza, nella fase di prequalifica, di qualsiasi documento riferibile al concorrente escluso. In costanza di ciò non era possibile ricorrere al soccorso istruttorio. Com’è noto, l’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50/2016 espressamente prevede che “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa.” Appare dunque di tutta evidenza, osserva il giudice amministrativo, che nella fattispecie sussistono elementi obiettivi del tutto peculiari che, trascendendo i limiti della mera incompletezza formale della documentazione, depongono, univocamente, per la manifesta ultroneità del ricorso alla procedura del soccorso istruttorio. Il Dgue, nell’economia della procedura, costituiva l’unico documento richiesto per la selezione nella fase di prequalifica, di talchè la sua totale mancanza, non potendo essere sopperita da ulteriori contributi dichiarativi riferibili alla società appellante, giammai confluiti nella procedura di gara, ha generato una situazione di obiettiva ed irreversibile incertezza quanto a contenuto e provenienza della documentazione trasmessa, costituente un mero involucro, di fatto così integrando quella situazione limite di irregolarità essenziale che nella disciplina di settore non è suscettiva di sanatoria. L’esclusione è stata quindi confermata anche dal Consiglio di Stato. Di seguito il testo integrale della sentenza. #FocusAppalti studio@avvocatodagostino.com Pubblicato il 05/11/2019 N. 07545/2019REG.PROV.COLL. N. 04114/2019 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 4114 del 2019, proposto dalla società Biblion S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Colini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza del Risorgimento, 36; contro Azienda Unità Sanitaria Locale Umbria n. 2, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Lietta Calzoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Medugno in Roma, via Panama 58 – appellante incidentale; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) n. 00190/2019. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Unità Sanitaria Locale Umbria n. 2 che ha, altresì, spiegato appello incidentale; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il Cons. Umberto Maiello e uditi per le parti gli avvocati Andrea Colini e Andrea Manzi su delega dell’avv. Lietta Calzoni; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con il mezzo qui in rilievo la società Biblion srl impugna la sentenza n. 190 dell’8.4.2019, con la quale il Tar per l'Umbria, Sez I, ha respinto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso il provvedimento di esclusione, nonché quello di successiva conferma, dalla procedura ristretta ex artt. 61 e 95 del d. lgs 50/2016 per l’affidamento del servizio di attività monitoraggio infestanti, disinfezione, disinfestazione e derattizzazione per le esigenze dell’Ausl Umbria 2, nonché avverso il relativo bando pubblicato sulla GUCE in data 16 ottobre 2018, nella parte in cui (sezione VI.3) ha chiesto ai partecipanti di comunicare il Dgue in formato elettronico su supporto elettronico (es. cd/chiavetta usb) da inserire in una busta sigillata. 1.1. Segnatamente, la misura espulsiva veniva disposta in ragione del fatto che il plico fatto pervenire dalla società appellante, alla data di scadenza del 22.11.2018, conteneva un supporto informatico (CD-recordable) vuoto ed, in mancanza di ogni altra documentazione, tale mancanza è stata ritenuta essenziale ai sensi dell'art. 83 comma 9. La suddetta statuizione veniva, poi, confermata (con pec in data 20 febbraio 2019) pur a seguito della presentazione di un'istanza di autotutela con cui la società ricorrente invocava il soccorso istruttorio. 1.2. Il Tar per l’Umbria, dopo aver dichiarato inutilizzabile la documentazione prodotta dall’Amministrazione in data 23.3.2019, siccome ritenuta tardiva, ha dichiarato il ricorso, in parte, inammissibile, ove riferito al bando, e, per il resto, lo ha respinto. Segnatamente, il giudice di prime cure, in relazione previsione del bando di gara che prevedeva la trasmissione, in un plico sigillato, del DGUE memorizzato su un supporto informatico, ha rilevato come tale disposizione non fosse presidiata da una misura espulsiva. Muovendo da tale premessa, ha, dunque, ritenuto che, anche ove tale previsione fosse stata anticipata rispetto al termine (10 ottobre 2018) che prevedeva l'obbligo dell'utilizzo dei mezzi di comunicazione elettronici nello svolgimento di procedure di aggiudicazione, ai sensi dell'art. 40 del Codice dei Contratti, il ricorrente non si sarebbe, comunque, avvalso della facoltà di trasmettere il DGUE in forma cartacea, prestando, peraltro, acquiescenza alla suddetta previsione. Inoltre, l’interpretazione su cui si fonda il costrutto giuridico attoreo non comporterebbe, comunque, conseguenze sulla validità del bando non essendovi una previsione di esclusione che possa essere considerata nulla ai sensi dell’ultimo periodo dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016. Soggiunge, inoltre, sempre sul tema qui in rilievo, che nella pretesa azionata in giudizio la Biblion non ha chiesto la riedizione della gara. 1.3. Per il resto, il giudice di prime cure ha rilevato che la detta società ha trasmesso in busta chiusa unicamente un supporto informatico (CD) vuoto, con conseguente configurabilità della fattispecie prevista dall’ultimo periodo del comma 9 dell’art. 83 del d.lgs. n. 50 del 2016. 2. Avverso la sentenza impugnata la società appellante ha affidato al mezzo in epigrafe le ragioni di doglianza di seguito sintetizzate: a) Erroneita' della statuizione sulla tardivita' della documentazione prodotta dall’Amministrazione resistente, non avendo la società Biblion srl eccepito alcunchè a tal riguardo. Inoltre, la produzione in argomento conterrebbe documenti utili se non addirittura necessari per la valutazione del ricorso (tale documentazione conteneva, tra l’altro, il plico inviato dall’odierna appellante con la relativa ricevuta di protocollo n. 0265902 intestata alla società, copia del cd- rom sul dorso del quale era trascritto il nominativo della società ed il riferimento alla gara); b) La decisione sarebbe erronea nella parte in cui non ha invece rilevato la tardivita' della memoria di costituzione dell’Amministrazione. L'Amministrazione, infatti, ha prodotto contestualmente memoria e documenti in data 23 aprile 2019 con udienza camerale fissata per il successivo 26 febbraio; c) Sarebbe altresì erroneo il capo della sentenza appellata nella parte in cui ha dichiarato inammissibili i motivi di censura articolati avverso il bando sulla premessa che la società Biblion non avesse chiesto la riedizione della gara. Tanto non sarebbe stato necessario, essendo interesse dell'appellante veder annullata la sola clausola contestata; d) Del pari sarebbe infondata la statuizione secondo cui i rilievi sulla miglior efficacia della previsione di una trasmissione a mezzo pec sarebbero ipotetici. Ed, invero, a tal riguardo sarebbe sufficiente fare ricorso al fatto notorio. Ed inoltre non vi sarebbero state particolari esigenze di segretezza considerata la tipologia della procedura e la fase in cui si trovava. Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, la procedura non prevedeva modalità alternative per la trasmissione della domanda; e) La stessa lettera dell'art 83 comma 9 consentirebbe di sanare la mancanza del dgue. 2.1. Resiste in giudizio l'ausl Umbria 2 che ha altresì proposto appello incidentale, deducendo che il TAR avrebbe erroneamente applicato, in relazione alla camera di consiglio del 26 marzo 2019, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, il termine di dieci giorni liberi a ritroso dall’udienza camerale per depositare documenti, di cui all’art. 120, co. 6 bis, ratione temporis vigente. Di contro, l’intervenuto deposito sarebbe ampiamente coerente con i termini propri della fase cautelare ex art 55 cpa. Inoltre, l’AUSL Umbria n. 2 ripropone in questa sede l’eccezione di inammissibilità sollevata in relazione al primo motivo di impugnazione avverso il Comunicato del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti MIT del 5/4/2018 recante disposizioni sul DGUE in formato elettronico per omessa notifica del ricorso al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. 2.2. Con ordinanza n. 3015 del 14.6.2019 questa Sezione ha respinto l’appello cautelare. 3. L’appello principale è infondato e, pertanto, va respinto. Tanto dispensa il Collegio dalla disamina dell’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado qui riproposta dall’AUSL. Ne discende, altresì, l’improcedibilità dell’appello incidentale. 3.1. Preliminarmente, va qui ribadita la piena utilizzabilità della documentazione prodotta già nel giudizio di primo grado dall’AUSL Umbria, documentazione consistente nei provvedimenti impugnati e negli atti del relativo procedimento. 3.2. Nessuna preclusione vi è all’utilizzazione in questa sede della suddetta documentazione, dal momento che sfugge al divieto dei nova in appello la produzione, da parte dell’amministrazione, del provvedimento impugnato e degli atti del relativo procedimento, atteso che, ove l’amministrazione non vi provveda, il giudice è tenuto ad acquisire tali atti d’ufficio ex art. 65, c. 3, c.p.a. (Cons. St., V, 29.3.2011 n. 1925; Id., VI, 9.5.2011 n. 2738; Id., 12.12.2011 n. 6497; Id., V, 31.12.2014 n. 4153). Tali rilievi rendono, dunque, improcedibile l’appello incidentale. 3.3. Peraltro la suddetta documentazione, così come la memoria difensiva dell’Asl erano state tempestivamente prodotte già nel giudizio di primo grado. Sul punto, deve rilevarsi che, come si evince dalla stessa lettura della decisione qui gravata, il TAR aveva fissato l’udienza camerale del 26.3.2019 per la trattazione della domanda cautelare, provvedendo, poi, in quella sede a definire il giudizio, nel merito, con sentenza in forma semplificata. Appare, dunque, di tutta evidenza come i termini utili per lo scrutinio sulla tempestività delle produzioni di parte (documenti e memorie) fossero quelli previsti, in via ordinaria, dall’articolo 55 comma 5 del c.p.a., da intendersi oltretutto dimezzati ex articoli 119 comma 2 e 120 c.p.a. considerata la materia oggetto del contendere. E’, dunque, di tutta evidenza come la produzione della memoria di costituzione (lo stesso è a dirsi per il relativo corredo documentale) fosse tempestiva e, pertanto, correttamente acquisita al materiale processuale utilizzabile. 4. Orbene, venendo al merito della res iudicanda va ribadito che la sanzione espulsiva qui avversata risulta applicata in ragione del fatto che il plico fatto pervenire dalla società appellante, alla data di scadenza del 22.11.2018, conteneva un supporto informatico (un CD-recordable), recante in superficie la scritta in stampatello “BIBLION SRL – 04387641006 – DGUE X SERVIZIO DISINFEZIONE E DERATTIZZAZIONE PER L’AUSL UMBRIA 2”, ma completamente vuoto, privo cioè della dichiarazione richiesta. 4.1. Il bando di gara, sul punto, prevedeva, alla sezione VI.3, che “….Il plico, in cui inserire il supporto elettronico (es. cd/chiavetta usb) contenente il DGUE in formato elettronico e la documentazione di cui sopra, sottoscritta digitalmente, dovrà pervenire all'Ufficio Protocollo della Ausl Umbria 2 Centro Direzionale «Le Scale di Porta Romana» Via Chiavellati 06034 Foligno (PG) –Servizio Acquisizione beni e servizi – c.a. del RUP dr.ssa Eliana Colino, in busta chiusa e sigillata, con la dicitura: «Procedura Ristretta per affidamento del Servizio attività monitoraggio infestanti, disinfezione, disinfestazione e derattizzazione per le esigenze della AUSL Umbria 2. –Non aprire»”. 4.2. Vale, poi, soggiungere che, nell’economia della fattispecie qui in rilievo, il DGUE in formato elettronico su supporto informatico costituiva l’unico documento richiesto dal bando ai fini della prequalifica, non essendo prevista né richiesta la produzione di domande ovvero di altre dichiarazioni. 5. Appare allora di tutta evidenza che, a cagione delle rilevanti omissioni che hanno segnato il contenuto rappresentativo dell’unico documento trasmesso dalla società appellante ai fini della partecipazione alla gara, nessun documento ad essa riferibile possa ritenersi essere pervenuto al seggio di gara. 5.1. Non può, invero, dubitarsi del fatto che il mero involucro esterno così come la scritta riportata sul disco costituiscano elementi strutturalmente inidonei a veicolare all’interno del procedimento di gara sia l’univoca volontà della società di partecipare alla procedura, correttamente esternata dalle persone a ciò qualificate con capacità di impegnarla nei rapporti esterni, sia la certa provenienza e riferibilità di una siffatta (mancante) dichiarazione alla società medesima. 5.2. Né parimenti poteva ritenersi predicabile il ricorso al soccorso istruttorio. Com’è noto, l’art. 83 (“Criteri di selezione e soccorso istruttorio”), comma 9, del d.lgs. n. 50/2016 espressamente prevede che: “Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all'articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all'offerta economica e all'offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l'individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa.” 5.3. Appare, dunque, di tutta evidenza come le richiamate disposizioni legislative siano di latitudine tale da far rientrare nell’ambito operativo del relativo istituto, ben al di là delle mere operazioni di formale completamento o chiarimento cui aveva riguardo l’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006, le carenze di “qualsiasi elemento formale della domanda”, ossia la mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità, quand’anche di tipo “essenziale”, purché non involgente l'offerta economica o tecnica in sé considerata e, dunque, in teoria, anche la stessa omessa presentazione della dichiarazione in argomento. 5.4. Ciò nondimeno, nel caso qui in rilievo, sussistono elementi obiettivi del tutto peculiari che, trascendendo i limiti della mera incompletezza formale della documentazione, depongono, univocamente, per la manifesta ultroneità del ricorso alla procedura del soccorso istruttorio. Occorre, infatti, rammentare che il DGUE, nell’economia della procedura qui in rilievo, costituiva l’unico documento richiesto per la selezione nella fase di prequalifica, di talchè la sua totale mancanza, per le ragioni sopra già evidenziate, non potendo essere sopperita da ulteriori contributi dichiarativi riferibili alla società appellante, giammai confluiti nella procedura di gara, ha generato una situazione di obiettiva ed irreversibile incertezza quanto a contenuto e provenienza della documentazione trasmessa, costituente un mero involucro, di fatto così integrando quella situazione limite di irregolarità essenziale che nella disciplina di settore non è suscettiva di sanatoria. 6. Né possono trovare qui utile ingresso le doglianze che involgono direttamente la legge di gara e, segnatamente, la clausola del bando che disciplinava le modalità di partecipazione a tale fase della procedura. 6.1. Ed, invero, il capo della decisione appellata, con ampia e condivisibile motivazione, chiarisce le ragioni di inammissibilità di siffatte doglianze che, nella declinazione proposta dall’appellante, non metterebbero in discussione l’intera procedura ma solo giustappunto la clausola qui in rilievo ai soli fini della partecipazione della Biblion alla procedura. 6.2. Anche accedendo a tale opzione di lettura delle censure articolate dall’appellante, deve, però, convenirsi con il giudice di prime cure che, pur privando, in parte qua, di efficacia precettiva la lex specialis, nella parte in cui cioè governa il confezionamento in formato digitale del DGUE e la sua trasmissione all’interno del plico, disposizione peraltro priva di sanzione, ciò nondimeno l’approdo valutativo non potrebbe essere diverso. 6.3. Resta, infatti, dirimente la circostanza che la stazione appaltante non si è avvalsa di modi alternativi per confezionare e trasmettere la documentazione richiesta (il formato cartaceo ovvero la PEC) ma, uniformandosi alle prescrizioni della disciplina di gara, ha seguito le istruzioni ivi previste trasmettendo però un involucro privo di qualsivoglia contenuto con l’effetto che, indipendentemente dalla forma utilizzata, alla data di scadenza prevista dal bando, non è pervenuto al seggio di gara nessun documento che, in apice, testimoniasse finanche la semplice volontà di partecipare alla procedura. Tanto è sufficiente ai fini del rigetto dell’appello, cui consegue la declaratoria di improcedibilità dell’appello incidentale. Le spese del presente grado di giudizio, in ragione della peculiarità della vicenda scrutinata, possono essere compensate. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli come in epigrafe proposti, così provvede: 1) respinge l’appello principale; 2) dichiara improcedibile l’appello incidentale. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019 con l'intervento dei magistrati: Franco Frattini, Presidente Massimiliano Noccelli, Consigliere Giulia Ferrari, Consigliere Raffaello Sestini, Consigliere Umberto Maiello, Consigliere, Estensore L'ESTENSOREIL PRESIDENTE Umberto MaielloFranco Frattini IL SEGRETARIO I suggerimenti di riforma del subappalto da parte dell'Anac: la segnalazione n. 8 del 13.11.2019.15/11/2019 Con l'atto di segnalazione n. 13/2019 l'Anac sollecita l'attenzione del legislatore su un tema molto dibattuto negli ultimi mesi: il limite del 30% (poi innalzato al 40% con il decreto sblocca cantieri) previsto per il subappalto dall'art. 105, comma 2, del D. Lgs. n. 50/2016. La posizione della Corte di Giustizia. L'esigenza di una riforma di questa norma nasce in particolare dalla pubblicazione dell'ormai nota Sentenza della Corte di Giustizia UE del 26 settembre 2019 (causa C-63/18), nella quale il giudice europeo chiarisce che come risulta dal considerando 78 della direttiva 2014/24, in materia di appalti pubblici, è interesse dell'Unione che l'apertura di un bando di gara alla concorrenza sia la più ampia possibile. Il ricorso al subappalto, secondo le statuizioni della Corte, che può favorire l'accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, contribuisce al perseguimento di tale obiettivo (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, Borta, C-298/15, EU:C:2017:266, punto 48 e giurisprudenza ivi citata). Non è bastata la difesa del Governo italiano a sovvertire il convincimento della Corte di Giustizia, una difesa basata sul fatto che la limitazione sarebbe giustificata alla luce delle particolari circostanze presenti in Italia, dove il subappalto ha da sempre costituito uno degli strumenti di attuazione di intenti criminosi, in quanto renderebbe le commesse pubbliche meno appetibili per le associazioni criminali, il che consentirebbe di prevenire il fenomeno dell'infiltrazione mafiosa nelle commesse pubbliche e di tutelare così l'ordine pubblico. La Corte di Giustizia ha infatti osservato che anche supponendo che una restrizione quantitativa al ricorso al subappalto possa essere considerata idonea a contrastare siffatto fenomeno, una restrizione come quella di cui trattasi nel procedimento principale eccede quanto necessario al raggiungimento di tale obiettivo; misure meno restrittive sarebbero comunque idonee, sostiene la Corte, a raggiungere l'obiettivo perseguito dal legislatore italiano, al pari di quelle previste dall'articolo 71 della direttiva 2014/24, d'altronde il diritto italiano già prevede numerose attività interdittive espressamente finalizzate ad impedire l'accesso alle gare pubbliche alle imprese sospettate di condizionamento mafioso o comunque collegate a interessi riconducibili alle principali organizzazioni criminali operanti nel paese. Sulla scorta di tali considerazioni la Corte di Giustizia ha concluso affermando il seguente principio di diritto: "La direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita al 30% la parte dell'appalto che l'offerente è autorizzato a subappaltare a terzi". La segnalazione dell'Anac. In seguito alla pubblicazione della sentenza, l'Anac ha ritenuto di segnalare al Governo l'urgenza di una modifica della disciplina di riferimento affinché la normativa nazionale sia riportata in sintonia con i principi stabiliti dal legislatore e dal Giudice europeo. Anche perché, ricorda l'Autorità, come affermato dalla Corte Costituzionale, le sentenze della Corte di Giustizia dovrebbero "ritenersi a carattere immediatamente obbligatorio ed erga omnes. In merito all’efficacia, secondo la Corte costituzionale «le statuizioni interpretative della Corte di giustizia delle comunità europee hanno, al pari delle norme comunitarie direttamente applicabili, operatività immediata negli ordinamenti interni» (Cfr. sentenze 113/1985 e 389/1989)". Nel richiedere un immediato intervento del legislatore l'Anac ammonisce tuttavia a non intraprendere la via legislativa del subappalto "illimitato" suggerendo la possibilità di introdurre alcuni "contrappesi" consistenti, alternativamente: a) nella previsione di ammissibilità del subappalto, senza limiti, per singole "porzioni" dell'appalto e non per l'intero ammontare contrattuale; b) nella previsione di una generare ed illimitata ammissibilità del subappalto lasciando alla stazione appaltante la facoltà di limitarne l'utilizzo, in base a motivazioni concrete, nei documenti di gara. In disparte ogni considerazione in merito alla percorribilità, sul piano pratico, della prima opzione, la seconda sembra essere la via preferita dal giudice europeo. Non resta dunque che attendere l'intervento del legislatore. Di seguito il testo integrale della segnalazione. #FocusAppalti studio@avvocatodagostino.com Nel caso in rassegna un operatore economico aveva preso parte ad una gara bandita da Invitalia, nel contesto della quale aveva omesso di dichiarare la pendenza a proprio carico di procedimenti penali.
L’A.N.AC., resa edotta da Invitalia della circostanza ha inflitto all’OE una sanzione pecuniaria con conseguente annotazione della condotta nel casellario informatico sulla scorta del fatto che la fattispecie fosse configurabile come grave illecito professionale incidente sull’affidabilità professionale del concorrente ex art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016. Il TAR ha osservato al riguardo che deve essere la stazione appaltante a dimostrare “con mezzi adeguati” la colpevolezza dell’OE per aver dato luogo a gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la sua integrità/affidabilità ma nella fattispecie tale dimostrazione non era stata fornita, anzi, la stessa stazione appaltante aveva qualificato l’omissione in questione come mera carenza informativa, tale da non comportare neppure l’esclusione dell’impresa dalla gara. Sulla scorta di ciò il TAR ha annullato i provvedimenti dell’A.N.AC. rilevando tra l’altro che non sussiste una normativa che obblighi il concorrente, ai fini della partecipazione a una gara, a dichiarare la sussistenza di “carichi pendenti”. Di seguito il testo integrale della sentenza. Pubblicato il 11/09/2019 N. 10837/2019 REG.PROV.COLL. N. 09728/2018 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 9728 del 2018, proposto da ALMA C.I.S. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Zito, Jacopo Vavalli e Pierluigi Marramiero, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, 26; contro Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12; nei confronti Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d'Impresa S.p.A.- Invitalia, non costituita in giudizio; per l'annullamento previa adozione di idonee misure cautelari - della delibera n. 729 adottata dal Consiglio dell'Autorità Nazionale Anticorruzione il 31 luglio 2018 e notificata il 6 agosto 2018; - dell'annotazione nel Casellario informatico degli operatori economici dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture disposta per effetto della delibera n. 729/2018; - di ogni altro atto e/o provvedimento prodromico, collegato, conseguenziale e/o successivo. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto il decreto cautelare monocratico presidenziale n. 4985/18 del 17.8.2018; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, con la relativa documentazione; Vista l’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 5303/2018 del 14.9.2018; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del 3 luglio 2019 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO In seguito a comunicazione della stazione appaltante - Agenzia Nazionale per l'Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d'Impresa S.p.A. (“Invitalia”) - relativa a omissione dichiarativa ritenuta rilevante al fine del corretto svolgimento della procedura di una gara di appalto di lavori per la realizzazione di un istituto scolastico in Amatrice, effettuata dalla Alma Cis s.r.l. (“Alma”), che aveva partecipato in subappalto del r.t.i. con mandatario il Consorzio CME, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (“Anac” o “Autorità”) avviava un procedimento per l’eventuale irrogazione di sanzioni interdittive e pecuniarie, ai sensi degli artt. 80, comma 12, e 213, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei Contratti Pubblici” o “Codice”), a carico di tale impresa, anche se nel frattempo il r.t.i. in questione aveva rinunciato al subappalto ad Alma. In particolare, era risultato che, in sede di domanda di partecipazione, Alma aveva prodotto il documento di gara unico europeo (“DGUE”) contenente le dichiarazioni sostitutive richieste. Tra tali dichiarazioni vi era quella “di accettare che la Stazione Appaltante si potrà avvalere della clausola risolutiva espressa, di cui all’articolo 1456 c.c., ogni qualvolta nei confronti dell’imprenditore o dei componenti la compagine sociale, o dei dirigenti dell’impresa, sia stata disposta misura cautelare o sia intervenuto rinvio a giudizio per taluno dei delitti di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 322, 322-bis, 346-bis, 353 e 353-bis c.p.”, secondo un “prestampato” a cui era apposto un “si” a margine dell’indicazione in questione. Ciò avveniva nel rispetto del “Protocollo di Legalità” sottoscritto il 26 luglio 2017 dalla Struttura di Missione ex art. 30 della Legge n. 229/2016, dal Commissario Straordinario del Governo e da Invitalia - come richiamato nella lettera di invito - ma senza richiesta di ulteriori dichiarazioni sui carichi pendenti degli amministratori o di allegazione di relativa documentazione sul punto. Esaurita la fase istruttoria con la partecipazione dell’interessata, l’Anac adottava il provvedimento in epigrafe, con il quale riteneva di irrogare una sanzione pecuniaria per euro 4.000,00 ad Alma e altra impresa che aveva dato luogo alla medesima fattispecie, con conseguente annotazione nel casellario informatico presso detta Autorità. Quest’ultima fondava la sua conclusione richiamando, in sintesi, l’art. 80, comma 5, del Codice e l’irrilevanza dell’esclusione dalla gara e dell’intervenuta rinuncia al subappalto, configurando “colpa grave” nell’operato del soggetto dichiarante e lesione del rapporto di fiducia necessario tra le parti in una pubblica gara. Con rituale ricorso a questo Tribunale, Alma chiedeva l’annullamento, previe misure cautelari, anche ex art. 56 c.p.a., lamentando in sintesi quanto segue. “I. Illegittimità del provvedimento di ANAC per violazione di legge derivante dall’erronea qualificazione della fattispecie concreta e dalla conseguente erronea riconduzione della stessa nell’ambito della fattispecie astratta derivante dal combinato disposto di cui all’art. art. 80, comma 5, lettera c), e comma 12, del Codice dei contratti pubblici”. La ricorrente contestava, in primo luogo, l’apoditticità della conclusione dell’Anac, secondo la quale “…Nel caso di specie si ritiene, come dianzi precisato, che l’assunzione degli obblighi connessi al Protocollo Quadro di Legalità fosse contestuale alla sottoscrizione del modello DGUE”. Non era stato considerato, infatti, che nessuna tra le norme di cui al Codice dei contratti pubblici (o altra) stabilisce l’obbligo per l’operatore economico che partecipi ad una gara di comunicare alla stazione appaltante i carichi pendenti in capo ai soggetti indicati nell’art. 80, comma 3, del Codice stesso, fermo restando che, ai sensi dell’art. 80, comma 1, del predetto Codice, costituisce motivo di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d'appalto, la sola condanna - con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.c. - per uno dei reati elencati nelle successive lettere da a) a g). Neppure sussistevano ragioni per escludere il concorrente, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. cit., che era riportato nel suo dato testuale, secondo quanto anche sviluppato nelle “Linee guida n. 6 dell’Autorità”, di attuazione del d.lgs. n. 50/16, recanti “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice”. L’Anac, quindi, aveva illegittimamente preteso di ravvisare un’omissione, ritenuta rilevante ai sensi del combinato disposto dell’art. 80, comma 5, lettera c), e comma 12, del Codice dei contratti pubblici, in un caso in cui tale omissione non vi era stata, mancando l’obbligo dichiarativo alla base. Anche prendendo in considerazione il “Protocollo di Legalità” sopra ricordato, Alma evidenziava che quest’ultimo non richiedeva all’operatore economico di dichiarare in sede di partecipazione alla gara i carichi pendenti per i reati indicati nella clausola contenuta all’art. 5.1, lettera b, ivi introdotta, limitandosi a impegnare la stazione appaltante solo a inserire nella documentazione di gara la dichiarazione dell’operatore economico di accettazione della clausola in questione nell’ambito del contratto d’appalto “in fieri”. Che il Protocollo in questione non prevedesse la dichiarazione dei carichi pendenti in sede di partecipazione alla gara era circostanza coerente con il fatto che la clausola risolutiva non stabiliva alcun automatismo quanto al suo utilizzo da parte della stazione appaltante stessa, che, infatti, non era obbligata ad avvalersene, posto che la disposizione applicabile stabiliva che essa “…si potrà avvalere della clausola risolutiva espressa, di cui all’articolo 1456 c.c., ogni qualvolta nei confronti dell’imprenditore o dei componenti la compagine sociale, o dei dirigenti dell’impresa, sia stata disposta misura cautelare o sia intervenuto rinvio a giudizio per taluno dei delitti di cui agli articoli…”. In sostanza, per la ricorrente, la partecipazione alla gara da parte dell’operatore economico non intercettava in alcun modo l’applicazione della clausola, ben potendo quest’ultimo aggiudicarsi la gara e soltanto in seguito essere colpito dal rifiuto della stazione appaltante di stipulare il contratto previa valutazione discrezionale delle circostanze impeditive previste. In secondo luogo, erroneo era anche il riferimento all’art. 80, comma 5, del Codice di cui al provvedimento impugnato, in quanto l’omissione da parte della ricorrente delle informazioni sui carichi pendenti non poteva avere, né ha avuto, alcuna influenza sulle decisioni della stazione appaltante riguardanti la selezione o l’aggiudicazione o lo stesso regolare e corretto svolgimento della gara. “II. Illegittimità del provvedimento di ANAC per eccesso di potere derivante dall’assenza dei presupposti per l’apertura del procedimento sanzionatorio”. Non era stata disposta alcuna esclusione da parte di Invitalia per grave illecito professionale, che costituiva necessario presupposto, invece, per la stessa segnalazione ad Anac da parte della stazione appaltante. “III. Illegittimità del provvedimento di ANAC per violazione di legge ed eccesso di potere derivante dalla carenza di motivazione.” Per le ragioni sopra esposte, il provvedimento impugnato si palesava motivato in modo carente e lacunoso in ordine alla ritenuta omissione di dichiarare i carichi pendenti, in cui sarebbe incorsa Alma, quale grave illecito professionale. “IV. Illegittimità del provvedimento impugnato per violazione di legge derivante dall’erronea applicazione dell’art. 80, comma 12, Codice dei contratti pubblici”. La norma in rubrica, in quanto afflittiva, è di stretta interpretazione, circoscrive la sua portata alle sole false dichiarazioni ma non anche alla mera omissione di dichiarazione o documentazione, per cui era erroneo anche il richiamo a tale disposizione legislativa. “V. Illegittimità del provvedimento di ANAC per violazione di legge derivante dalla qualificazione in termini di gravità e rilevanza del comportamento tenuto da Alma Cis”. In ordine al rilevato elemento soggettivo della “colpa grave”, la ricorrente osservava che la documentazione di gara, ivi compreso il DGUE, non prevedeva una dichiarazione sui carichi pendenti, limitandosi a richiedere l’accettazione della clausola risolutiva da rendere attraverso l’apposizione di un segno al “sì” posto a fianco della clausola prestampata e dinanzi a tali circostanze fattuali non poteva ascriversi al legale rappresentante di Alma la grave negligenza contestata. Inoltre, nessuna lesione alla leale concorrenza nel mercato degli affidamenti pubblici poteva prospettarsi, dato che Invitalia non aveva escluso il raggruppamento, di cui Alma faceva parte, dalla gara, raggruppamento che, peraltro, in composizione priva di Alma, si era aggiudicato la gara. “VI. Illegittimità e/o nullità del provvedimento impugnato per decadenza di ANAC dal proprio potere sanzionatorio, derivante dalla violazione del termine perentorio di conclusione del procedimento.” Il procedimento, avviato il 25 gennaio 2018, si sarebbe dovuto concludere in 180 giorni e non in 193, come invece avvenuto, in violazione di tale termine da qualificarsi come perentorio, senza che fosse disposta alcuna sospensione dello stesso. Con il decreto cautelare monocratico, la domanda ex art. 56 c.p.a era respinta. Si costituiva in giudizio l’Autorità, che affidava a memoria per la camera di consiglio l’illustrazione delle sue tesi, orientate a rilevare l’infondatezza del ricorso. Con l’ordinanza in epigrafe, questa Sezione accoglieva motivatamente la domanda di sospensione, fissando la data della trattazione di merito. In prossimità di questa, parte ricorrente depositava una memoria illustrativa e la causa era trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 3 luglio 2019. DIRITTO Il Collegio, anche al non più sommario esame della fase cautelare, ritiene di confermare l’orientamento favorevole all’accoglimento del ricorso. Dal contenuto della impugnata delibera Anac, si rileva che la sanzione è stata disposta perché, dalla documentazione acquisita, risultava che, al momento della partecipazione alla procedura di gara, l’amministratore unico di Alma avrebbe omesso di dichiarare la pendenza a proprio carico di procedimenti penali. Sostiene nella delibera l’Autorità che “…Tale omissione, rilevante in base agli obblighi assunti in relazione al Protocollo Quadro di Legalità dianzi citato, secondo l’Agenzia costituiva…causa di esclusione ex art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. 50/2016. Rispetto all’incidenza di tale profilo, ovvero all’incidenza di simili circostanze ai fini dell’esclusione dell’O.e. dalla gara, si era espressa anche questa Autorità con nota…del 2.8.2017, nella quale era stato indicato all’Agenzia che la fattispecie fosse configurabile quale grave illecito professionale.” In merito, il Collegio non può però non rilevare che nella stessa delibera, nella parte narrativa del procedimento istruttorio, era indicato che in sede di audizione i rappresentanti di Invitalia avevano confermato che non vi era stata nessuna falsa dichiarazione da parte degli operatori economici ma solo una “carenza informativa” e che “…non esiste un provvedimento amministrativo diretto a censurare l’omissione dichiarativa contestata”. Inoltre, risulta anche che i rappresentanti degli operatori economici coinvolti avevano chiarito – circostanza questa non contestata in fatto dall’Autorità – che la stazione appaltante si era limitata a chiedere alla capogruppo mandataria CME l’eventuale disponibilità ad eseguire l’appalto senza la partecipazione di Alma e che, alla disponibilità dimostrata in tal senso, non era seguita alcuna esclusione. Sulla base di tali presupposti, pertanto, il Collegio ritiene di rilevare già una palese contraddizione nella motivazione della delibera impugnata, secondo quanto lamentato in sostanza nel primo e terzo motivo di ricorso, in quanto non si ravvisa in alcun atto del procedimento che la contestata omissione (definita peraltro da Invitalia mera “carenza informativa”), secondo il Protocollo Quadro di Legalità, per l’Agenzia costituiva causa di esclusione ex art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. 50/2016. Basta infatti richiamare tale ultima normativa per verificare la contraddittorietà delle conclusioni dell’Anac. In essa è indicato che: ”Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all'articolo 105, comma 6, qualora:… c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”. E’ evidente, dal tenore letterale della stessa, che deve essere la stazione appaltante a dimostrare “con mezzi adeguati” la colpevolezza dell’o.e. per aver dato luogo a gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità/affidabilità. Nel caso di specie ciò non risulta in alcun modo, provvedendo la stessa stazione appaltante Invitalia a definire l’omissione in questione una mera carenza informativa e a non escludere dalla gara l’ati che si sarebbe avvalsa del subappalto di Alma o Alma stessa. La circostanza secondo cui l’Autorità, con nota dell’agosto 2017, aveva ritenuto di prospettare a Invitalia che la fattispecie fosse configurabile come grave illecito professionale non rileva, in quanto la norma suddetta lascia alla sola stazione appaltante la valutazione discrezionale - da fondarsi nel caso concreto su “mezzi adeguati” - di inaffidabilità, nella presente fattispecie non operata. Neanche può condividersi la motivazione di cui all’impugnata delibera, laddove risulta richiamata la lett. c bis) del suddetto comma 5, secondo cui: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico che…abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione.” Nel caso di specie, infatti, la contestata omissione non ha influito sulla “procedura di selezione”, sia perché – come visto – la stazione appaltante non ha disposto alcuna esclusione, limitandosi a chiedere la disponibilità della capogruppo a eseguire i lavori senza il subappalto di Alma, sia perché la stessa clausola di cui al Protocollo Quadro, come sopra riportata in narrativa, si limitava a prevedere una mera facoltà della stazione appaltante che “…si potrà avvalere della clausola risolutiva espressa, di cui all’articolo 1456 c.c., ogni qualvolta nei confronti dell’imprenditore o dei componenti la compagine sociale, o dei dirigenti dell’impresa, sia stata disposta misura cautelare o sia intervenuto rinvio a giudizio per taluno dei delitti di cui agli articoli…”. E’ evidente che il richiamo esplicito alla clausola risolutiva espressa fa chiaramente intendere il riferimento alla fase esecutiva del rapporto contrattuale e non a quelle, precedenti e distinte, di selezione e aggiudicazione. Nemmeno coglie nel segno quindi l’Autorità, laddove afferma che fosse irrilevante la mancata disposizione di un provvedimento di esclusione, potendo lo stesso essere adottato “eventualmente in un momento successivo”, dato che – come visto – la presenza di “carichi pendenti” nei confronti di un rappresentante dell’impresa poteva dare luogo solo a risoluzione contrattuale, ovviamente in corso di rapporto esecutivo, ma non prevedeva alcuna causa di esclusione; né poteva farlo se non in violazione di legge – aggiunge il Collegio – dato che la norma di cui all’art. 80, comma 1, del Codice fa riferimento alla sola “condanna” e non a mero “rinvio a giudizio”. Così pure non dirimente appare la circostanza, sempre richiamata nel provvedimento impugnato, per la quale un’eventuale esclusione non era più necessaria una volta che CME aveva rinunciato al subappalto, confermando tale circostanza invece – per quanto sopra precisato – che l’omissione di Alma non aveva in alcun modo influito ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, ai sensi del richiamato comma 5, lett. c bis). Il Collegio evidenzia che alla fattispecie non possa trovare applicazione neanche l’art. 80, comma 12, pure invocato dall’Anac, secondo il quale “In caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all'Autorità che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravita' dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi del comma 1 fino a due anni…”. Come sopra posto in evidenza, infatti, la stazione appaltante non ha qualificato il comportamento dell’operatore economico come falsa dichiarazione ma solo come carenza informativa né sussiste normativa – come rilevato dalla ricorrente – che obbliga il concorrente, ai fini della partecipazione a una gara, a dichiarare la sussistenza di “carichi pendenti”, per cui non poteva essere invocata dall’Autorità neanche la norma generale sui suoi poteri sanzionatori, di cui all’art. 213, comma 13, del Codice. In tal senso, quindi, l’assenza dei presupposti di legge per disporre la sanzione come irrogata consente di assorbire gli ulteriori motivi di ricorso. La peculiarità della fattispecie comporta comunque l’integrale compensazione delle spese di lite, tranne quanto previsto per il contributo unificato, da porsi a carico dell’Anac, ai sensi dell’art. 13, comma 6bis.1, d.p.r. n. 115/2002. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati. Spese compensate, tranne quanto previsto per il contributo unificato, da porsi a carico dell’Anac, ai sensi dell’art. 13, comma 6bis.1, d.p.r. n. 115/2002. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 3 luglio 2019 con l'intervento dei magistrati: Carmine Volpe, Presidente Ivo Correale, Consigliere, Estensore Lucia Maria Brancatelli, Primo Referendario L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Ivo Correale Carmine Volpe IL SEGRETARIO |
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