Con ordinanza di rimessione in data 9.4.2020, n. 2332 l'Adunanza Plenaria è stata chiamata a dirimere un contrasto giurisprudenziale sorto sulle conseguenze delle omesse e delle false dichiarazioni in tema di gravi illeciti professionali di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), del D. Lgs. n. 50/2016. In particolare il Supremo Consesso ha rilevato la sussistenza di orientamenti contrapposti osservando che da un lato l’individuazione tipologica dei gravi illeciti professionali avesse carattere meramente esemplificativo, potendo, per tal via, la stazione appaltante desumere il compimento di gravi illeciti professionali da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (cfr. ex permultis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586; Id., V, 25 gennaio 2019, n. 591; Id., V, 3 gennaio 2019, n. 72; Id., III, 27 dicembre 2018, n. 7231), se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità. Siffatta opzione esegetica muoverebbe le mosse da una generalizzazione degli obblighi informativi precontrattuali, ancorati ad una clausola generale di correttezza professionale (cfr. art. 30, comma 1), intorno alla quale si addensa e coagula la stessa dimensione di lealtà, affidabilità e credibilità dell’operatore professionale: cui si assume plausibilmente imposto, a pena di esclusione automatica, un dovere generale di clare loqui, al fine di mettere la stazione appaltante in condizione di elaborare – nella prospettiva del “corretto svolgimento della procedura di selezione” – le proprie “decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” (cfr. ancora la lettera c). Da ciò ne discenderebbe che l’omissione, la reticenza, l’incompletezza divengono – insieme alle più gravi decettività e falsità – forme in certo senso sintomatiche di grave illecito professionale in sé e per sé. In questo quadro, ancorché non univocamente (in senso parzialmente contrario, e.g. Cons. Stato, III, 23 agosto 2018, n. 5040; V, 3 aprile 2018, n. 2063; III, 12 luglio 2018, n. 4266), si è interpretato l’ultimo inciso l’art. 80, comma 5, lett. c), attribuendogli il rigoroso significato di una norma di chiusura, che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; III, 29 novembre 2018, n. 6787). Secondo un differente orientamento si è invece obiettato che un generalizzato obbligo dichiarativo, senza la individuazione di un limite di operatività, “potrebbe rilevarsi eccessivamente oneroso per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171; Id., V, 3 settembre 2018, n. 5142). La necessità di un siffatto limite generale di operatività deriva, del resto, dall’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, che ha, per giunta, fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale, in ciò seguita dalle Linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016, che ha affermato, tra altro, la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto paragrafo. Per tal via, la più recente giurisprudenza si è orientata alla individuazione anzitutto di un limite temporale all’obbligo dichiarativo, ancorato alla postulata irrilevanza di illeciti commessi dopo il triennio anteriore alla adozione degli atti indittivi (cfr., tra le varie, Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605). Sulla scorta di tale più flessibile orientamento sarebbe maturata una prospettiva differente che porrebbe l'accento sulla distinzione tra dichiarazioni omesse (rilevanti in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale), fuorvianti (rilevanti nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”) e propriamente false (rilevanti, per contro, in quanto tali). Tale distinzione sarebbe legata a diverse conseguenze: mentre le prime tre ipotesi (dichiarazioni omesse, reticenti e fuorvianti) hanno rilievo solo in quanto si manifestino nel corso della procedura, la falsità è più gravemente sanzionata dall’obbligo di segnalazione all’ANAC gravante sulla stazione appaltante in forza del comma 12 e della possibile iscrizione (in presenza di comportamento doloso o gravemente colposo e subordinatamente ad un apprezzamento di rilevanza) destinata ad operare anche nelle successive procedure evidenziali, nei limiti del biennio (lettere f-ter e g, quest’ultima riferita, peraltro, alla falsità commessa ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione). Con la conseguenza che: - la falsità (informativa, dichiarativa ovvero documentale) ha attitudine espulsiva automatica oltreché (potenzialmente e temporaneamente) ultrattiva; laddove le informazioni semplicemente fuorvianti giustificano solo – trattandosi di modalità atta ad influenzare indebitamente il concreto processo decisionale in atto – l’estromissione dalla procedura nella quale si collocano; - l’omissione (e la reticenza) dichiarativa si appalesa per definizione insuscettibile (a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità) di legittimare l’automatica esclusione dalla gara: dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente. Per tali ragioni la Sezione remittente ha ritenuto necessario richiedere l'intervento dell'Adunanza Plenaria al fine di chiarire, per il caso delle dichiarazioni omesse, quale opzione ermeneutica sia preferibile tra la tesi, formalistica, dell’automatica esclusione e quella, sostanzialistica, della rimessione al previo e necessario filtro valutativo della stazione appaltante. Clicca sotto per consultare il testo integrale del provvedimento. #FocusAppalti [email protected]
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Le nuove misure emergenziali introdotte dal decreto prevedono una proroga ulteriore di tutti i procedimenti amministrativi sino a tutto il 15 maggio 2020. Di conseguenza, come in precedenza stabilito dall'art. 103 del D.L. n. 18/2020, ai fini del computo dei termini relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi, non si tiene conto del periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 15 maggio 2020. Anche la giustizia resta ferma, ad eccezione dei procedimenti cautelari. Viene infatti introdotta una proroga ulteriore della sospensione già prevista dal D.L. n. 18/2020 per i giudizi civili, penali e contabili fino all'11 maggio 2020. Differente la sorte dei processi amministrativi, in relazione ai quali "sono ulteriormente sospesi" (così recita l'art. 36, comma 3 del D.L. n. 23/2020) soltanto i termini per la notificazione dei ricorsi dal 16 aprile al 3 maggio inclusi. Scarica il testo integrale del decreto legge cliccando sotto. #FocusAppalti [email protected]
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