L'Avv. D'Agostino affronta su Appalti per le Imprese il tema della legittimazione soggettiva di una SGR a rendere la dichiarazione di preliminare interesse a finanziare l’opera, commentando una recente sentenza del TRGA Trento al riguardo. Osserva il giudice amministrativo che la disciplina di gara consentiva il preliminare coinvolgimento non solo di banche ma anche di “istituzioni finanziarie” ed anche lo schema di convenzione al disciplinare definiva quali istituti finanziatori non solo gli istituti di credito ma anche investitori istituzionali e/o altri soggetti che partecipano al finanziamento senior e/o al finanziamento di progetto anche attraverso la sottoscrizione di obbligazioni o altri titoli di debito, includendo altresì anche i soggetti che avrebbero assunto il rischio di credito attraverso la concessione di strumenti di garanzia finanziaria sul rischio di credito (credit enhancement), eventuali sottoscrittori di titoli (noteholders) e sottoscrittori di contratti finanziari derivati volti a regolare il rischio di oscillazione del tasso di interesse. Su questa premessa il giudice ha rilevato che le SGR sono riconducibili alle istituzioni finanziarie (non bancarie) e vengono iscritte ai sensi dell’art. 36 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58 (testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – TUF) in apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia stessa e, inoltre, appartengono alla categoria degli investitori istituzionali. D’altra parte, prosegue il TRGA, la legge di gara costituiva coerente declinazione dell’art. 144 del d.lgs. n. 163 del 2006 (oggi riprodotto analogamente nell’art. 165, comma 4, D. Lgs. n. 56/2016), così come introdotto dal decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, ratione temporis applicabile. Da tali norme deriva quindi che le società di progetto che gestiscono concessioni possono finanziare l’opera o mediante la sottoscrizione di contratti di finanziamento o attraverso l’emissione di obbligazioni destinate alla sottoscrizione da parte degli investitori qualificati, come definiti ai sensi dell’art. 100 del d.lgs. n. 58 del 1998, tra cui rientrano dunque le SGR. Consulta il testo del contributo al seguente link: http://www.appaltiecontratti.it/2020/07/01/sulla-legittimazione-delle-societa-di-gestione-del-risparmio-a-rendere-la-dichiarazione-preliminare-di-interesse-a-finanziare-lopera-nelle-concessioni/
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Anticipazione del prezzo negli appalti pubblici, con il decreto rilancio viene innalzata al 30%20/6/2020 Con il c.d. Decreto rilancio (D.L. n. 34/2020) il Governo ha esteso l’anticipazione del prezzo prevista dall’art. 35, comma 18, D. Lgs. N. 50/2016 implementandola sino al 30% dell’imposto contrattuale.
Possono usufruire dell’implementazione non solo i contratti affidati con le nuove gare ma anche quelli in corso di esecuzione e per i quali gli appaltatori abbiano già usufruito dell’anticipazione originariamente prevista. Di seguito il testo integrale della norma: “1. In relazione alle procedure disciplinate dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, i cui bandi o avvisi, con i quali si indice una gara, sono gia' stati pubblicati alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonche', in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, siano gia' stati inviati gli inviti a presentare le offerte o i preventivi, ma non siano scaduti i relativi termini, e in ogni caso per le procedure disciplinate dal medesimo decreto legislativo avviate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla data del 30 giugno 2021, l'importo dell'anticipazione prevista dall'articolo 35, comma 18, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, puo' essere incrementato fino al 30 per cento, nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante. 2. Fuori dei casi previsti dal comma 1, l'anticipazione di cui al medesimo comma puo' essere riconosciuta, per un importo non superiore complessivamente al 30 per cento del prezzo e comunque nei limiti e compatibilmente con le risorse annuali stanziate per ogni singolo intervento a disposizione della stazione appaltante, anche in favore degli appaltatori che hanno gia' usufruito di un'anticipazione contrattualmente prevista ovvero che abbiano gia' dato inizio alla prestazione senza aver usufruito di anticipazione. Ai fini del riconoscimento dell'eventuale anticipazione, si applicano le previsioni di cui al secondo, al terzo, al quarto e al quinto periodo dell'articolo 35, comma 18 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e la determinazione dell'importo massimo attribuibile viene effettuata dalla stazione appaltante tenendo conto delle eventuali somme gia' versate a tale titolo all'appaltatore.” #FocusAppalti Riportiamo il commento dell'Avv. Antonio D'Agostino su Diritto 24 - Sole 24 ore, in materia di soccorso istruttorio e vizi (formali) dell'offerta tecnica.
Gli ultimi arresti della giurisprudenza amministrativa offrono uno spunto molto interessante per comprendere la portata e i limiti di un istituto che ha consentito una rilevante semplificazione nelle procedure di gara, offrendo alle stazioni appaltanti e ai concorrenti la possibilità di concentrarsi sulla concretezza dei dati analizzati piuttosto che sui loro elementi formali. Ed infatti è stato ritenuto che "nell'ambito di una procedura di gara ad evidenza pubblica non è possibile ricorrere all'istituto del soccorso istruttorio, previsto dall'art. 83, comma 9 del D.Lgs. n. 50/2016, al fine di procedere ad integrazioni dell'offerta tecnica" (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 10.9.2019, n. 10807). Ancor più di recente si sono registrati altri precedenti che hanno comunque iniziato a mutare la rotta rispetto all'originaria direttrice, iniziando a tracciare un discrimine tra carenze formali ed essenziali anche per le offerte tecnica ed economica. In particolare, è stato ritenuto che "ai sensi dell'art. 83, comma 9, Codice dei contratti pubblici, è esclusa la sanatoria di ogni irregolarità essenziale afferente all'offerta tecnica e a quella economica; il soccorso istruttorio non è, quindi, ammissibile come strumento per correggere una carenza essenziale dell'offerta" (TAR Lazio, Roma, Sez. III, 3.12.2019, n. 13812). Una più decisa virata nella linea interpretativa relativa al soccorso istruttorio sembra invece aversi nelle più recenti sentenze del giudice amministrativo che, pur nel rispetto dell'immanente principio di par condicio competitorum, inizia a ritenere operabile una lettura differente del testo legislativo, aprendo alla possibilità di esperire il soccorso istruttorio anche per irregolarità riguardanti il contenuto dell'offerta tecnica, a condizione però che si tratti di aspetti puramente formali. Molto interessante sotto questo profilo è infatti la sentenza del TAR Campania, Napoli, Sez. V, 4.6.2020, n. 2209 che con un obiter dictum precisa che il rimedio del soccorso istruttorio "è utilizzabile in caso di mancata sottoscrizione dell'atto, costituendo un elemento formale, che può essere sanato; del resto una norma del bando che stabilisse l'opposto sarebbe contraria al chiaro disposto dell'ultimo inciso del comma 8 dell'art. 83 citato, secondo il quale "il bando e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice o da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle". Nel caso deciso nella sentenza in disamina il TAR si riferiva all'eventuale mancata sottoscrizione di un elaborato costituente l'offerta tecnica, non mancando tuttavia di precisare che se a mancare fosse stato qualsiasi elemento "di contenuto" dell'offerta (ed è proprio questo che è capitato nel caso deciso dal TAR Campania non avendo il concorrente indicato nell'offerta tecnica un dato invece previsto a pena di esclusione nel capitolato tecnico della procedura), la stessa avrebbe dovuto essere esclusa. Sembra dunque trovare sempre più spazio un interessante filone ermeneutico per cui i vizi formali siano da ritenersi sempre emendabili attraverso la procedura di soccorso istruttorio, anche se riferiti al contenuto dell'offerta tecnica. #FocusAppalti Studio Legale D'Agostino Il testo integrale del contributo è disponibile alla seguente url: http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoAmministrativo/2020-06-19/soccorso-istruttorio-integrazioni-offerta-tecnica-regole-divieti-ed-eccezioni-112014.php Golden power, ampliamento dei poteri speciali del Governo in costanza di periodo emergenziale.14/6/2020 Con il decreto legge n. 18/2020, convertito in Legge n. 40/2020, il Governo ha introdotto una serie di disposizioni emergenziali che hanno mutato anche il quadro dell'esercizio del c.d. golden power.
In particolare, con l'entrata in vigore dell’art. 15 del D.L. n. 23/2020 il Governo ha introdotto una temporanea estensione degli obblighi di notifica per l’esercizio del c.d. golden power al fine di monitorare maggiormente, nel contesto di emergenza sanitaria, il quadro delle operazioni societarie rilevanti nei settori di interesse strategico e scongiurare scalate ostili da parte di investitori stranieri in un momento di maggiore difficoltà economica. In base alla norma in questione, “fatta salva l'applicazione degli articoli 1 e 2” del D.L. n. 21/2012, sono soggetti all’obbligo di notifica gli acquisti a qualsiasi titolo di partecipazioni in società che detengono beni e rapporti in tutti i settori di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452 (cfr. prima nota a piè pagina, pag. 3). Inoltre, fino al 31.12.2020: a) sono soggetti all'obbligo di notifica anche le delibere, gli atti o le operazioni, adottati da un'impresa che detiene beni e rapporti nei settori di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettere a), b), c), d) ed e) del regolamento (UE) 2019/452, ivi inclusi, nel settore finanziario, quello creditizio ed assicurativo, ovvero individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al citato articolo 2, comma 1-ter, che abbiano per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità di detti attivi o il cambiamento della loro destinazione; b) sono soggetti all'obbligo di notifica, in relazione ai beni e ai rapporti di cui al comma 1 dell'articolo 2, del medesimo decreto-legge n. 21 del 2012, nonché ai beni e rapporti nei settori indicati alla lettera a), ovvero individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al citato articolo 2, comma 1-ter, del decreto-legge n. 21 del 2012, anche gli acquisti a qualsiasi titolo di partecipazioni, da parte di soggetti esteri, anche appartenenti all'Unione europea, di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto, nonché gli acquisti di partecipazioni, da parte di soggetti esteri non appartenenti all'Unione europea, che attribuiscono una quota dei diritti di voto o del capitale almeno pari al 10 per cento, tenuto conto delle azioni o quote già direttamente o indirettamente possedute, e il valore complessivo dell'investimento sia pari o superiore a un milione di euro, e sono altresì notificate le acquisizioni che determinano il superamento delle soglie del 15 per cento, 20 per cento, 25 per cento e 50 per cento; c) la disposizione di cui all'articolo 2, comma 6, lettera a), del decreto-legge n. 21 del 2012, si applica anche quando il controllo ivi previsto sia esercitato da un'amministrazione pubblica di uno Stato membro dell'Unione europea. Si tratta di un’estensione temporanea (per le operazioni concluse tra la data di entrata in vigore del decreto e il 31.12.2020) dell’obbligo di notifica che riguarda specifiche e limitate ipotesi di operazioni dalle quali derivi l’assunzione del controllo di società o attivi di interesse strategico (per l'individuazione delle quali soccorre l’art. 4 del Reg. UE n. 452/2019 e la nozione di "infrastruttura europea critica "ECI" di cui alla Direttiva Europea n. 114/2008), che ne determinino un cambiamento di destinazione o che determinino l’insediamento stabile dell’acquirente. #FocusAppalti Nella sentenza in commento su #Appaltiperleimprese il TAR Toscana esamina la disciplina in tema di avvalimento ed offre un interessante spunto per comprendere i limiti e le condizioni del “prestito” dei requisiti nel campo dei servizi e delle prestazioni professionali. In particolare, secondo il giudice amministrativo, la formulazione letterale dell’art. 89 consente la possibilità per i concorrenti di avvalersi di titoli di studio e professionali nonché delle esperienze professionali e delle capacità di altri soggetti. Il prestito è tuttavia subordinato al fatto che l’ausiliario esegua direttamente i lavori o i servizi per cui le capacità sono richieste. Non cambia la disciplina anche se ausiliaria e ausiliata appartengono allo stesso gruppo considerando che, secondo la più recente giurisprudenza che ha affrontato la problematica (Cons. Stato sez. V, 3 aprile 2019, n. 2191; 6 ottobre 2018, n. 5750; T.A.R. Lazio, Latina, 30 maggio 2019, n. 401) e gli orientamenti manifestati dall’A.N.A.C. in sede di pareri di precontenzioso (delibera 2 maggio 2018 n. 419), nessuna rilevanza può essere attribuita al fatto che le due società stipulanti il contratto di avvalimento facciano parte dello stesso gruppo societario. Ed infatti, l’art. 89 del d.lgs. n. 50/2006 non ha riproposto le previgenti semplificazioni normative che, in ipotesi di imprese appartenenti allo stesso gruppo, ritenevano superflua la stipulazione di un formale contratto di avvalimento, essendo sufficiente una dichiarazione unilaterale attestante il legame giuridico ed economico esistente nel gruppo (Cons. Stato sez. VI, 13 febbraio 2018, n. 907; si veda anche la precisazione temporale presente in Cons. Stato sez. III, 27 giugno 2019, n. 4418). Consulta il testo integrale del contributo su http://www.appaltiecontratti.it/2020/06/15/avvalimento-dei-titoli-di-studio-negli-appalti-di-servizi-condizioni-e-limiti/ #FocusAppalti Su Appalti e Contratti per le Imprese l'Avv. D'Agostino analizza un'interessante sentenza del Consiglio di Stato che si sofferma su un principio oggetto di numerosi precedenti nel panorama della giurisprudenza amministrativa. Nella controversia era in contestazione il fatto che la stazione appaltante non avesse opportunamente graduato i criteri per l’attribuzione dei punteggi in sub-criteri specifici né specificato un fatturato minimo quale requisito di ammissione. Si affermava quindi la genericità dei criteri di formulazione dell’offerta tecnica e dei requisiti minimi di partecipazione, poiché previsti mediante mero richiamo ai criteri di cui all’articolo 83 del d.lgs n. 50 del 2016. Al riguardo ha affermato il Supremo Consesso che se i criteri di valutazione o ponderazione del punteggio sono indeterminati, la giurisprudenza esclude un onere di immediata impugnazione del bando, stante la natura non escludente delle previsioni in questione, le quali non solo non impediscono la partecipazione degli operatori del settore ma neppure predeterminano alcun esito vincolato della selezione valutativa, che possa ritenersi, ex post, meramente confermativo e ricognitivo di una lesione già in precedenza predeterminata e certa (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 2602/2018 e n.173/2019; id., sez. III, n. 3595/2016 e n. 3434/2018). Questa conclusione troverebbe conferma, nel percorso seguito dal Supremo Consesso, nel dato normativo per cui la preventiva obbligatoria individuazione nella lex specialis di gara di sub-criteri di valutazione non risulta affatto obbligatoria non risultando in proposito una specifica prescrizione nell’art 86 del codice dei contratti pubblici o nelle linee guida n. 2 dell’ANAC approvate nell’anno 2016 (aggiornate con delibera del Consiglio n. 424 del 2 maggio 2018), recanti indicazioni operative relativamente al procedimento di aggiudicazione della gare pubbliche sulla base del metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Dette linee guida, infatti, con riguardo alla valutazione degli elementi qualitativi della componente tecnica dell’offerta (punto V), si limitano a prevedere l’opportunità che nel bando di gara vengano indicati gli elementi o i criteri che saranno valorizzati per l’apprezzamento degli elementi e delle caratteristiche delle soluzioni tecniche proposte dai concorrenti. La previsione di sub-criteri o sub-punteggi risulta indicata, come mera facoltà riservata alla stazione appaltante, all’art. 95, comma 8, del codice dei contratti pubblici; ne deriva che il mancato esercizio di detta facoltà non può costituire, in sé, indice di illegittimità della lex specialis della procedura di gara. Ciò non toglie, precisa il Consiglio di Stato, che un’articolazione incongrua, del tutto deficitaria o eccessivamente lasca dei riferimenti tecnici e valutativi, possa essere censurata dai concorrenti in gara, sempre, tuttavia, unitamente all’impugnazione dell’atto conclusivo della procedura, essendo questo il momento concretizzante l’effetto lesivo conseguente al limite disfunzionale embrionalmente presente nella legge di gara. http://www.appaltiecontratti.it/2020/05/29/criteri-di-selezione-generici-il-bando-di-gara-non-va-impugnato-immediatamente-se-i-requisiti-non-sono-escludenti-per-linteressato/ Nota a Cassazione Civile, Sez. I, Ordinanza 19.3.2020, n. 7463. Una fattispecie molto ricorrente nella definizione (contenziosa) delle problematiche insorgenti nella fase esecutiva di un appalto pubblico. Nel caso, un raggruppamento si è aggiudicato i lavori di ristrutturazione di un Palazzetto dello Sport per conto di una Provincia. In corso d’opera l’appaltatore si è accorto di carenze progettuali che prontamente ha contestato con una diffida in cui ha intimato un termine ai fini della risoluzione del contratto. La Provincia, dal canto suo ha negato ogni contestazione, dispone la risoluzione in danno all’appaltatore, affermando la condotta gravemente inadempiente con asseriti ingiustificati ritardi, costante inottemperanza agli ordini di servizio della direzione lavori, mancato pagamento delle maestranze, abbandono del cantiere. Le due contrapposte “risoluzioni”, ossia, quella derivante dall’infruttuoso decorso del termine intimato dall’appaltatore e quella adottata dalla Provincia, costituiscono il core della pronuncia della Corte, chiamata a valutare in che rapporto si pongono le due diverse manifestazioni di volontà e, soprattutto, se sussista una prevalenza dell’una sull’altra, anche e soprattutto, in termini di effetti ed incidenza sulle sorti del contratto. La Cassazione ha chiarito che, seppure l'accertamento da parte del giudice del merito dei presupposti stabiliti per l'esercizio del diritto di autotutela della P.A. - estrinsecato nell’adozione del provvedimento di risoluzione - sia autonomo e non vincolato alla risultanze sulle quali la stessa si è basata per far valere il suo diritto potestativo, è pur vero che lo stesso debba essere compiuto in base alla disciplina privatistica degli artt. 1218 e 1453 c.c.. Ne consegue che, nella fase esecutiva della commessa, la condotta della parte pubblica e di quella privata vanno poste sullo stesso piano, cosicché non è concesso “al giudice di isolare singole condotte di una delle parti e di stabilire se ciascuna di esse soltanto costituisca motivo di inadempienza a prescindere da ogni altra ragione di doglianza dei contraenti”. Il giudizio sul contegno significativo dei contraenti, dunque, impone una valutazione “sinergica” “globale e unitaria” dell’elemento soggettivo e dei fatti posti in essere dalle parti negoziali “perché la unitarietà del rapporto obbligatorio, a cui ineriscono tutte le prestazioni inadempiute da ognuna delle parti non tollera una valutazione frammentaria e settoriale della condotta del contraente, ma ne esige un apprezzamento complessivo (Sez. 1, 31/10/2014, n. 23274)”. E così, al di là degli obblighi di verificazione del progetto in relazione allo stato dei luoghi all’atto della presentazione dell’offerta e della stipula del contratto incombenti in capo all’Appaltatore, assume rilievo, ai fini dell’addebito della colpa e, con ciò, della risoluzione del contratto, la strumentalizzazione delle cause di sospensione dei lavori da parte dell’Amministrazione, posto che: “Le ragioni di pubblico interesse o necessità che (…) legittimano l'ordine di sospensione dei lavori, vanno identificate in esigenze pubbliche oggettive e sopravvenute, non previste né prevedibili dall'Amministrazione con l'uso dell'ordinarla diligenza, così che esse non possono essere invocate al fine di porre rimedio a negligenza o imprevidenza dell'Amministrazione medesima. In particolare, nel caso che sopravvenga la necessità di approvare una perizia di variante, tale emergenza non deve essere ricollegabile ad alcuna forma di negligenza o imperizia nella predisposizione e nella verifica del progetto da parte dell'ente appaltante, il quale è tenuto, prima dell'indizione della gara, a controllarne la validità in tutti i suoi aspetti tecnici, e a impiegare la dovuta diligenza nell'eliminare il rischio di impedimenti alla realizzazione dell'opera sì come progettata (Sez. 1, 28/02/2019, n. 5969)”. Di seguito il testo integrale del provvedimento #FocusAppalti Su Appalti per le Imprese abbiamo fatto il punto sui limiti all'utilizzo dell'istituto dell'avvalimento. In particolare, con la sentenza Sez. V, 4.5.2020, n. 2836 il Consiglio di Stato ha chiarito che l'avvalimento consiste, anzitutto in una manifestazione di volontà espressa dall’operatore, il quale dichiara in sede di gara “che vuole avvalersi delle capacità di altri soggetti” (cfr. art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016). In tale prospettiva, il concorrente che voglia far ricorso all’avvalimento è tenuto a darne indicazione nell’ambito del Dgue (o, comunque, dei documenti di gara) fornendo le informazioni relative ai soggetti ausiliari (cfr. art. 85, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016; v., in specie, l’apposita sezione prevista dal Dgue presentato dall’appellante), nonché a produrre la corrispondente documentazione, costituita in primis dal contratto d’avvalimento e dalle dichiarazioni dell’ausiliaria sul possesso dei requisiti e l’assunzione degli obblighi verso il concorrente e la stazione appaltante (cfr. art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016). A fronte di un siffatto presupposto, prosegue il Consiglio di Stato, non v’è alcuno spazio per poter invocare il soccorso istruttorio in difetto d’una dichiarata volontà del concorrente di ricorrere all’avvalimento, atteso che il soccorso è utile a sanare carenze di elementi formali della domanda, nonché qualsivoglia mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo (cfr. art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016), ma certamente non è idoneo a sopperire alla mancata manifestazione d’una determinata volontà da parte dell’operatore. Il soccorso istruttorio vale infatti a superare vizi, carenze e irregolarità di natura formale o documentale, ma non può essere rivolto alla sollecitazione di una dichiarazione di volontà non espressa dal concorrente, né tanto meno può consentirla. In caso contrario, da un lato risulterebbe violata la ratio dell’istituto, esteso – fuori dal perimetro delle irregolarità formali – alla manifestazione (tutt’altro che formale, bensì) di volontà del concorrente, che nondimeno quest’ultimo non ha reso; dall’altro sarebbe consentita una modifica sostanziale delle dichiarazioni di gara, incidente sulle stesse modalità di partecipazione (con conseguenze sul canone generale della par condicio tra i partecipanti alla procedura), nonché sull’esecuzione della prestazione da parte dell’operatore economico, e dunque sulla conformazione complessiva dell’offerta. Sulla scorta di tali considerazioni il Consiglio di Stato esclude quindi anche l’ammissibilità del soccorso istruttorio in caso di mancata dichiarazione del concorrente sulla volontà di ricorrere all’avvalimento. Di seguito il testo integrale della sentenza e il link per visionare il contributo dell'Avv. Antonio D'Agostino su Appalti per le Imprese (Gruppo Maggioli) #FocusAppalti Con ordinanza di rimessione in data 9.4.2020, n. 2332 l'Adunanza Plenaria è stata chiamata a dirimere un contrasto giurisprudenziale sorto sulle conseguenze delle omesse e delle false dichiarazioni in tema di gravi illeciti professionali di cui all'art. 80, comma 5, lett. c), del D. Lgs. n. 50/2016. In particolare il Supremo Consesso ha rilevato la sussistenza di orientamenti contrapposti osservando che da un lato l’individuazione tipologica dei gravi illeciti professionali avesse carattere meramente esemplificativo, potendo, per tal via, la stazione appaltante desumere il compimento di gravi illeciti professionali da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (cfr. ex permultis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586; Id., V, 25 gennaio 2019, n. 591; Id., V, 3 gennaio 2019, n. 72; Id., III, 27 dicembre 2018, n. 7231), se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità. Siffatta opzione esegetica muoverebbe le mosse da una generalizzazione degli obblighi informativi precontrattuali, ancorati ad una clausola generale di correttezza professionale (cfr. art. 30, comma 1), intorno alla quale si addensa e coagula la stessa dimensione di lealtà, affidabilità e credibilità dell’operatore professionale: cui si assume plausibilmente imposto, a pena di esclusione automatica, un dovere generale di clare loqui, al fine di mettere la stazione appaltante in condizione di elaborare – nella prospettiva del “corretto svolgimento della procedura di selezione” – le proprie “decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” (cfr. ancora la lettera c). Da ciò ne discenderebbe che l’omissione, la reticenza, l’incompletezza divengono – insieme alle più gravi decettività e falsità – forme in certo senso sintomatiche di grave illecito professionale in sé e per sé. In questo quadro, ancorché non univocamente (in senso parzialmente contrario, e.g. Cons. Stato, III, 23 agosto 2018, n. 5040; V, 3 aprile 2018, n. 2063; III, 12 luglio 2018, n. 4266), si è interpretato l’ultimo inciso l’art. 80, comma 5, lett. c), attribuendogli il rigoroso significato di una norma di chiusura, che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; III, 29 novembre 2018, n. 6787). Secondo un differente orientamento si è invece obiettato che un generalizzato obbligo dichiarativo, senza la individuazione di un limite di operatività, “potrebbe rilevarsi eccessivamente oneroso per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171; Id., V, 3 settembre 2018, n. 5142). La necessità di un siffatto limite generale di operatività deriva, del resto, dall’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, che ha, per giunta, fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale, in ciò seguita dalle Linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016, che ha affermato, tra altro, la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto paragrafo. Per tal via, la più recente giurisprudenza si è orientata alla individuazione anzitutto di un limite temporale all’obbligo dichiarativo, ancorato alla postulata irrilevanza di illeciti commessi dopo il triennio anteriore alla adozione degli atti indittivi (cfr., tra le varie, Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605). Sulla scorta di tale più flessibile orientamento sarebbe maturata una prospettiva differente che porrebbe l'accento sulla distinzione tra dichiarazioni omesse (rilevanti in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale), fuorvianti (rilevanti nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”) e propriamente false (rilevanti, per contro, in quanto tali). Tale distinzione sarebbe legata a diverse conseguenze: mentre le prime tre ipotesi (dichiarazioni omesse, reticenti e fuorvianti) hanno rilievo solo in quanto si manifestino nel corso della procedura, la falsità è più gravemente sanzionata dall’obbligo di segnalazione all’ANAC gravante sulla stazione appaltante in forza del comma 12 e della possibile iscrizione (in presenza di comportamento doloso o gravemente colposo e subordinatamente ad un apprezzamento di rilevanza) destinata ad operare anche nelle successive procedure evidenziali, nei limiti del biennio (lettere f-ter e g, quest’ultima riferita, peraltro, alla falsità commessa ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione). Con la conseguenza che: - la falsità (informativa, dichiarativa ovvero documentale) ha attitudine espulsiva automatica oltreché (potenzialmente e temporaneamente) ultrattiva; laddove le informazioni semplicemente fuorvianti giustificano solo – trattandosi di modalità atta ad influenzare indebitamente il concreto processo decisionale in atto – l’estromissione dalla procedura nella quale si collocano; - l’omissione (e la reticenza) dichiarativa si appalesa per definizione insuscettibile (a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità) di legittimare l’automatica esclusione dalla gara: dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente. Per tali ragioni la Sezione remittente ha ritenuto necessario richiedere l'intervento dell'Adunanza Plenaria al fine di chiarire, per il caso delle dichiarazioni omesse, quale opzione ermeneutica sia preferibile tra la tesi, formalistica, dell’automatica esclusione e quella, sostanzialistica, della rimessione al previo e necessario filtro valutativo della stazione appaltante. Clicca sotto per consultare il testo integrale del provvedimento. #FocusAppalti [email protected] ![]()
Le nuove misure emergenziali introdotte dal decreto prevedono una proroga ulteriore di tutti i procedimenti amministrativi sino a tutto il 15 maggio 2020. Di conseguenza, come in precedenza stabilito dall'art. 103 del D.L. n. 18/2020, ai fini del computo dei termini relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi, non si tiene conto del periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 15 maggio 2020. Anche la giustizia resta ferma, ad eccezione dei procedimenti cautelari. Viene infatti introdotta una proroga ulteriore della sospensione già prevista dal D.L. n. 18/2020 per i giudizi civili, penali e contabili fino all'11 maggio 2020. Differente la sorte dei processi amministrativi, in relazione ai quali "sono ulteriormente sospesi" (così recita l'art. 36, comma 3 del D.L. n. 23/2020) soltanto i termini per la notificazione dei ricorsi dal 16 aprile al 3 maggio inclusi. Scarica il testo integrale del decreto legge cliccando sotto. #FocusAppalti [email protected] ![]()
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