Su Appalti e Contratti per le Imprese l'Avv. D'Agostino analizza un'interessante sentenza del Consiglio di Stato che si sofferma su un principio oggetto di numerosi precedenti nel panorama della giurisprudenza amministrativa. Nella controversia era in contestazione il fatto che la stazione appaltante non avesse opportunamente graduato i criteri per l’attribuzione dei punteggi in sub-criteri specifici né specificato un fatturato minimo quale requisito di ammissione. Si affermava quindi la genericità dei criteri di formulazione dell’offerta tecnica e dei requisiti minimi di partecipazione, poiché previsti mediante mero richiamo ai criteri di cui all’articolo 83 del d.lgs n. 50 del 2016. Al riguardo ha affermato il Supremo Consesso che se i criteri di valutazione o ponderazione del punteggio sono indeterminati, la giurisprudenza esclude un onere di immediata impugnazione del bando, stante la natura non escludente delle previsioni in questione, le quali non solo non impediscono la partecipazione degli operatori del settore ma neppure predeterminano alcun esito vincolato della selezione valutativa, che possa ritenersi, ex post, meramente confermativo e ricognitivo di una lesione già in precedenza predeterminata e certa (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 2602/2018 e n.173/2019; id., sez. III, n. 3595/2016 e n. 3434/2018). Questa conclusione troverebbe conferma, nel percorso seguito dal Supremo Consesso, nel dato normativo per cui la preventiva obbligatoria individuazione nella lex specialis di gara di sub-criteri di valutazione non risulta affatto obbligatoria non risultando in proposito una specifica prescrizione nell’art 86 del codice dei contratti pubblici o nelle linee guida n. 2 dell’ANAC approvate nell’anno 2016 (aggiornate con delibera del Consiglio n. 424 del 2 maggio 2018), recanti indicazioni operative relativamente al procedimento di aggiudicazione della gare pubbliche sulla base del metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Dette linee guida, infatti, con riguardo alla valutazione degli elementi qualitativi della componente tecnica dell’offerta (punto V), si limitano a prevedere l’opportunità che nel bando di gara vengano indicati gli elementi o i criteri che saranno valorizzati per l’apprezzamento degli elementi e delle caratteristiche delle soluzioni tecniche proposte dai concorrenti. La previsione di sub-criteri o sub-punteggi risulta indicata, come mera facoltà riservata alla stazione appaltante, all’art. 95, comma 8, del codice dei contratti pubblici; ne deriva che il mancato esercizio di detta facoltà non può costituire, in sé, indice di illegittimità della lex specialis della procedura di gara. Ciò non toglie, precisa il Consiglio di Stato, che un’articolazione incongrua, del tutto deficitaria o eccessivamente lasca dei riferimenti tecnici e valutativi, possa essere censurata dai concorrenti in gara, sempre, tuttavia, unitamente all’impugnazione dell’atto conclusivo della procedura, essendo questo il momento concretizzante l’effetto lesivo conseguente al limite disfunzionale embrionalmente presente nella legge di gara. http://www.appaltiecontratti.it/2020/05/29/criteri-di-selezione-generici-il-bando-di-gara-non-va-impugnato-immediatamente-se-i-requisiti-non-sono-escludenti-per-linteressato/
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Nota a Cassazione Civile, Sez. I, Ordinanza 19.3.2020, n. 7463. Una fattispecie molto ricorrente nella definizione (contenziosa) delle problematiche insorgenti nella fase esecutiva di un appalto pubblico. Nel caso, un raggruppamento si è aggiudicato i lavori di ristrutturazione di un Palazzetto dello Sport per conto di una Provincia. In corso d’opera l’appaltatore si è accorto di carenze progettuali che prontamente ha contestato con una diffida in cui ha intimato un termine ai fini della risoluzione del contratto. La Provincia, dal canto suo ha negato ogni contestazione, dispone la risoluzione in danno all’appaltatore, affermando la condotta gravemente inadempiente con asseriti ingiustificati ritardi, costante inottemperanza agli ordini di servizio della direzione lavori, mancato pagamento delle maestranze, abbandono del cantiere. Le due contrapposte “risoluzioni”, ossia, quella derivante dall’infruttuoso decorso del termine intimato dall’appaltatore e quella adottata dalla Provincia, costituiscono il core della pronuncia della Corte, chiamata a valutare in che rapporto si pongono le due diverse manifestazioni di volontà e, soprattutto, se sussista una prevalenza dell’una sull’altra, anche e soprattutto, in termini di effetti ed incidenza sulle sorti del contratto. La Cassazione ha chiarito che, seppure l'accertamento da parte del giudice del merito dei presupposti stabiliti per l'esercizio del diritto di autotutela della P.A. - estrinsecato nell’adozione del provvedimento di risoluzione - sia autonomo e non vincolato alla risultanze sulle quali la stessa si è basata per far valere il suo diritto potestativo, è pur vero che lo stesso debba essere compiuto in base alla disciplina privatistica degli artt. 1218 e 1453 c.c.. Ne consegue che, nella fase esecutiva della commessa, la condotta della parte pubblica e di quella privata vanno poste sullo stesso piano, cosicché non è concesso “al giudice di isolare singole condotte di una delle parti e di stabilire se ciascuna di esse soltanto costituisca motivo di inadempienza a prescindere da ogni altra ragione di doglianza dei contraenti”. Il giudizio sul contegno significativo dei contraenti, dunque, impone una valutazione “sinergica” “globale e unitaria” dell’elemento soggettivo e dei fatti posti in essere dalle parti negoziali “perché la unitarietà del rapporto obbligatorio, a cui ineriscono tutte le prestazioni inadempiute da ognuna delle parti non tollera una valutazione frammentaria e settoriale della condotta del contraente, ma ne esige un apprezzamento complessivo (Sez. 1, 31/10/2014, n. 23274)”. E così, al di là degli obblighi di verificazione del progetto in relazione allo stato dei luoghi all’atto della presentazione dell’offerta e della stipula del contratto incombenti in capo all’Appaltatore, assume rilievo, ai fini dell’addebito della colpa e, con ciò, della risoluzione del contratto, la strumentalizzazione delle cause di sospensione dei lavori da parte dell’Amministrazione, posto che: “Le ragioni di pubblico interesse o necessità che (…) legittimano l'ordine di sospensione dei lavori, vanno identificate in esigenze pubbliche oggettive e sopravvenute, non previste né prevedibili dall'Amministrazione con l'uso dell'ordinarla diligenza, così che esse non possono essere invocate al fine di porre rimedio a negligenza o imprevidenza dell'Amministrazione medesima. In particolare, nel caso che sopravvenga la necessità di approvare una perizia di variante, tale emergenza non deve essere ricollegabile ad alcuna forma di negligenza o imperizia nella predisposizione e nella verifica del progetto da parte dell'ente appaltante, il quale è tenuto, prima dell'indizione della gara, a controllarne la validità in tutti i suoi aspetti tecnici, e a impiegare la dovuta diligenza nell'eliminare il rischio di impedimenti alla realizzazione dell'opera sì come progettata (Sez. 1, 28/02/2019, n. 5969)”. Di seguito il testo integrale del provvedimento #FocusAppalti Su Appalti per le Imprese abbiamo fatto il punto sui limiti all'utilizzo dell'istituto dell'avvalimento. In particolare, con la sentenza Sez. V, 4.5.2020, n. 2836 il Consiglio di Stato ha chiarito che l'avvalimento consiste, anzitutto in una manifestazione di volontà espressa dall’operatore, il quale dichiara in sede di gara “che vuole avvalersi delle capacità di altri soggetti” (cfr. art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016). In tale prospettiva, il concorrente che voglia far ricorso all’avvalimento è tenuto a darne indicazione nell’ambito del Dgue (o, comunque, dei documenti di gara) fornendo le informazioni relative ai soggetti ausiliari (cfr. art. 85, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016; v., in specie, l’apposita sezione prevista dal Dgue presentato dall’appellante), nonché a produrre la corrispondente documentazione, costituita in primis dal contratto d’avvalimento e dalle dichiarazioni dell’ausiliaria sul possesso dei requisiti e l’assunzione degli obblighi verso il concorrente e la stazione appaltante (cfr. art. 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016). A fronte di un siffatto presupposto, prosegue il Consiglio di Stato, non v’è alcuno spazio per poter invocare il soccorso istruttorio in difetto d’una dichiarata volontà del concorrente di ricorrere all’avvalimento, atteso che il soccorso è utile a sanare carenze di elementi formali della domanda, nonché qualsivoglia mancanza, incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo (cfr. art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50 del 2016), ma certamente non è idoneo a sopperire alla mancata manifestazione d’una determinata volontà da parte dell’operatore. Il soccorso istruttorio vale infatti a superare vizi, carenze e irregolarità di natura formale o documentale, ma non può essere rivolto alla sollecitazione di una dichiarazione di volontà non espressa dal concorrente, né tanto meno può consentirla. In caso contrario, da un lato risulterebbe violata la ratio dell’istituto, esteso – fuori dal perimetro delle irregolarità formali – alla manifestazione (tutt’altro che formale, bensì) di volontà del concorrente, che nondimeno quest’ultimo non ha reso; dall’altro sarebbe consentita una modifica sostanziale delle dichiarazioni di gara, incidente sulle stesse modalità di partecipazione (con conseguenze sul canone generale della par condicio tra i partecipanti alla procedura), nonché sull’esecuzione della prestazione da parte dell’operatore economico, e dunque sulla conformazione complessiva dell’offerta. Sulla scorta di tali considerazioni il Consiglio di Stato esclude quindi anche l’ammissibilità del soccorso istruttorio in caso di mancata dichiarazione del concorrente sulla volontà di ricorrere all’avvalimento. Di seguito il testo integrale della sentenza e il link per visionare il contributo dell'Avv. Antonio D'Agostino su Appalti per le Imprese (Gruppo Maggioli) #FocusAppalti |
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